Segni d’incontro è un’esposizione-progetto che porta per la prima volta Agostino Ferrari in Tunisia, a poco più di un anno di distanza dall’avvio delle “primavere arabe” che hanno profondamente trasformato il paesaggio geopolitico dell’intera regione e che hanno preso avvio proprio dall’azione isolata e singolare di un lavoratore tunisino. In Italia si è parlato e discusso moltissimo di questi eventi in sedi molto diverse, ma il mondo della cultura nel suo insieme è stato poco propositivo e capace di proporre significativi spazi e momenti di attenzione rivolti a questi straordinari mutamenti e alle singolari energie creative che essi hanno “liberato”: come spesso succede nella fase iniziale delle rivoluzioni e come testimonia l’eccezionale fervore di progetti artistici, teatrali, performativi e cinematografici che hanno interessato in questi mesi in particolare la Tunisia.
Per questo è ancora più notevole il gesto di Agostino Ferrari, che ha scelto questo momento per presentare il proprio lavoro nel paese maghrebino ma anche per “mettersi in gioco” in una serie di collaborazioni e di “incontri” che lo vedranno presentare non solo una significativa serie di opere di grandi dimensioni eseguite negli ultimi dieci anni (della serie Palinsesti, Interno-Esterno e Oltre la soglia), ma anche realizzare un lavoro originale a quattro mani con il grande maestro tunisino, pittore e calligrafo, Nja Mahdaoui, in una vera e propria performance che avrà luogo il giorno dell’inaugurazione, il 3 febbraio, alle ore 16 in una sala del Centre National d'Art Vivant e che si protrarrà fino al completamento dell’opera da parte dei due autori.
Il lavoro di Agostino Ferrari da sempre si muove su una spontanea e significativa linea di convergenza nei confronti dell’arte araba moderna e contemporanea: non per nulla sin dal lontano 1963 la sua ricerca si è dedicata prevalentemente ad esplorare i valori visivi, estetici ed emozionali del “segno”, questa memoria della prima traccia e della prima impronta dell’uomo, che Agostino ha elaborato fino a farne una vera e propria scrittura non significante, una grafia policroma, dinamica.
Questa originale sintassi presenta più di un punto di contatto con il lavoro di Nja Mahdaoui (Tunisi, 1937), uno dei più grandi calligrafi e disegnatori del mondo arabo, italiano di formazione (ha studiato a Roma fra il 1965 e il 1966 nell’accademia privata di Sant’Andrea, ed esposto successivamente alla Galleria Numero di Firenze e all’International Center of Aesthetic Research di Torino su invito di Michel Tapiè), che si dedica da decenni all’esplorazione del ricchissimo mondo della grafica e della calligrafia araba, ottenendone effetti decorativi straordinariamente vari e preziosi su carte o tele, ma anche papiri, tessuti, vetri, edifici e decorazioni su scala urbana, volumi plastici e addirittura aerei di linea.
I percorsi di Agostino Ferrari e di Nja Mahdaoui sono partiti da basi culturali e tecniche molto diverse ma nel tempo si sono avvicinate fino a convergere: il primo ha interpretato il segno puro della pittura astratta come possibile scrittura e l’ha elaborata tanto da sospingerla fino a sfiorare la soglia della significazione; mentre il secondo è partito dalla calligrafia araba spogliandola progressivamente dalla valenza significante e trasformandola in puro florilegio di decorazione e motivi ornamentali che mimano la logica del testo ma di fatto non lo sono più: da leggere qui non c’è più niente.
Per arricchire e completare il percorso espositivo, la mostra proporrà anche tre Maye (Pigment Print on Arches Vellum Paper) di Mahdaoui, eseguite nel 2009, che costituiscono un eccellente esempio della straordinaria varietà e originalità dell’opera dell’artista.
Il giorno dell’inaugurazione e della performance, inoltre, le grandi tele libere di Agostino Ferrari verranno fronteggiate da una splendida Bandera non intelaiata di Mahdaoui, lunga parecchi metri, che completerà l’ambiente con una vera e propria cascata di segni e scritture.
Infine, spettatori, giovani artisti, pubblico generico o semplicemente testimoni partecipi della vita del paese arabo, verranno invitati ad apporre un proprio segno, un graffito, un gesto, uno scritto, un’immagine o qualunque altra traccia su una grande tela (500 x 120cm) che Agostino Ferrari ha lasciato volutamente “aperta”, incompiuta, perché possa essere “finita” attraverso la condivisione di esperienze, vita, gesti ed esperienze che il grande maestro italiano sta proponendo oggi, simbolicamente, all’intera Tunisia.
Il progetto “Segni d’incontro” prevede però anche un altro protagonista: Matteo Bernardini (Torino, 1983), giovane e brillante regista, già Brand Ambassador per Microsoft e presente alla 68° Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con il cortometraggio “Eyes Wire Open – Ritratto di una generazione” (cv allegato): Bernardini documenterà tutti i passaggi del lavoro di Agostino di Ferrari a Tunisi, realizzando anche una serie di interviste e interpretando gli incontri con la vivace realtà artistica locale oltre che, naturalmente, la performance con Nja Mahdaoui realizzando un film documentario che nella prossima primavera verrà presentato in Italia.
Coordinamento, ideazione e curatela dell’intero progetto spetta alla storica dell’arte e curatrice Martina Corgnati, specialista del mondo artistico arabo-mediterraneo e che da anni segue il lavoro di Agostino Ferrari.
Il progetto sarà completata dalla realizzazione di un quaderno – catalogo bilingue (italiano e francese), pubblicato raccogliendo i materiali che verranno prodotti e reperiti in loco nel corso della realizzazione del progetto e della mostra. Esso conterrà testi di Sana Tamzini, direttrice del Centre National d'Art Vivant de Tunis, Le Belvédère, di Giuseppe Merolla, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi, di Martina Corgnati, Agostino Ferrari, Matteo Bernardini e verrà presentato in Italia nella prossima primavera e messo a disposizione dell’Istituto Italiano di Cultura di Tunisi
Per informazioni:
Nadia Tebbini
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